“In silenzio raccontiamo la nostra storia. Nelle porte chiuse si cela la nostalgia di tempi passati, ma dietro ogni Portone spesso si apre un mondo di emozioni, un richiamo al calore delle memorie che resistono al tempo.”
Ciao! Io sono il “Portone nel Corso” e delimito l’ingresso ad una grande casa che è stata costruita nel 1600 con pietre ricavate dalle cave del luogo. I balconi e le finestre della grande casa di cui faccio parte si affacciano su Corso Umberto I che è il corso principale di Orria, la via che conduce alla Chiesa di San Felice Martire patrono di questo incantevole paese.
A Orria, maestosi portoni svettano come autentiche sentinelle, donando all’ambiente un’atmosfera misteriosa e avvolgente. In passato, così come oggi, queste imponenti guardiani di legno preservano gelosamente l’accesso a proprietà private, rimanendo saldamente chiusi e conservando la magia di spazi segreti. Questo carattere esclusivo si manifesta oltre le loro soglie, rivelando un mondo intrigante e affascinante che attende di essere scoperto.
Per quanto riguarda me, la narrazione prende una piega diversa: fungevo infatti da accesso a diverse proprietà e venivo percepito come un autentico cortile pubblico. Questo spazio accogliente diventava il cuore pulsante della comunità, un luogo dove i ragazzi potevano giocare, i pastori riparare le pecore nei giorni piovosi e gli ambulanti offrire i loro servizi o merci. Ricordo l’arrotino e l’artigiano che riparava le casseruole di rame, un teatro vivente di interazioni e connessioni, trasformando il semplice atto di varcare quel portone in un’esperienza condivisa, ricca di vita, di storie uniche e un mondo tutto da esplorare.
Ho assistito al susseguirsi di molte persone attraverso questo cortile, molte delle quali hanno chiamato questa casa il loro rifugio. Conservo vividi ricordi di una stanzetta al piano terra, un tempo animata dalla bottega del calzolaio, noto anche come ciabattino. Questo artigiano non solo si dedicava alla riparazione delle calzature, ma creava anche scarpe su misura per gli abitanti del paese, opere di straordinaria pregevolezza. Rimane impressa nella mia memoria l’immagine di lui, seduto su una sedia di paglia, indossando un grembiule di pelle, mentre con maestria tirava spaghi, forava il cuoio, cuciva e inchiodava, dando vita a autentiche opere d’arte artigianale.
Conservo con affetto il ricordo delle numerose famiglie che nel corso del tempo hanno fatto di questa dimora il loro rifugio. Le melodie cantate da Felice risuonano ancora nella mia memoria, la sua voce calda e profonda faceva eco, tanto che gli altri lo chiamavano Claudio Villa.
Oltre al quotidiano susseguirsi delle loro vite, ogni sera si ritrovavano in un’armoniosa sinfonia di voci tra note cantate con gioia, risate che riecheggiavano tra le pareti e il suono delle conversazioni, il cortile diventava il luogo magico dove il tramonto sanciva il rituale del raccoglimento serale. Una comunità che trovava nella condivisione sun modo di celebrare la vita e la bellezza delle relazioni.
Dalla condivisione e creatività fiorivano spesso spettacoli musicali e teatrali, trasformando il cortile in un autentico teatro popolare, dove ogni esibizione diventava una celebrazione della comunità.
Attualmente, la dimora di cui faccio parte è di proprietà di Nicole Worbs, un gentiluomo tedesco, giunto inizialmente per accompagnare un amico, che si è innamorato di questo luogo trasformandolo nella sua oasi rigenerante. Con amore, ha restaurato una parte della casa riportandola al suo antico splendore e consegnandomi nuovamente al contesto storico del paese.
Il Corso Umberto I, infatti, avvolge i visitatori in un’atmosfera suggestiva perché ha fieramente conservato antichità e le caratteristiche diventano l’ingresso per un viaggio emozionante nel tempo. Se ci si sofferma in silenzio, con un briciolo di fantasia è possibile evocare l’eco delle voci del passato, trasformando l’esperienza in un coinvolgente abbraccio con la storia, un’immersione nel cuore pulsante di epoche lontane.
La mia storia si svela attraverso Raffaella, che risiede all’interno del Portone insieme a sua mamma Samantha, il fratellino Simone e la nonna Marilena. A soli 8 anni, ha condotto con passione questa ricerca e ha deciso di rappresentarmi con questo meraviglioso disegno.
autore: RAFFAELLA SICA (8 ANNI)
Rivisitazione testi e coordinamento Cantiere partecipativo WigWam: Domenica e Ornella Mastrogiovanni